Pianticella annuale, originaria dall'Egitto e dalla Siria. Si coltiva dovunque, massime nelle regioni meridionali ed in Sicilia, ma principalmente in Francia. Vuole terreno leggero, caldo, sostanzioso. À foglie somiglianti al prezzemolo, fiori piccoli bianchi in Luglio, nel linguaggio dei fiori: Amorevolezza. Gli steli si mangiano verdi, i semi a foggia di granellini ovali alcun poco allungati d'un sapore dolce, aromatico, caldo, zuccherino e di odor soave, sono stomachici e servono per molti preparati di cucina, confetteria o liquoreria. Facilitano la digestione e combattono il dio Eolo. Ànno le stesse proprietà del finocchio.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
: Amorevolezza. Gli steli si mangiano verdi, i semi a foggia di granellini ovali alcun poco allungati d'un sapore dolce, aromatico, caldo, zuccherino e di
Pianta oleacera nota e gradita. Vuole esposizione di mezzodì. È spontanea nei terreni sabbiosi d'Europa. Tre varietà principali — il bianco precoce e molto produttivo, verde all'estremità, che è quello d'Olanda e del Belgio — il violetto , più grosso di colore violetto o rossiccio all'estremità, che è quello di Ulma, Polonia-Darmstadt — e il verde meno grosso del precedente, ma più saporito, verde e tenero in tutta la sua lunghezza che è quello di Piemonte (celebri quelli di Cilavegna). L'asparago di Praga è il medesimo. Si moltiplica per mezzo delle radici, dette occhi, ma egualmente e forse meglio si anno asparagiaje colla semina. Durano le radici dai 20 ai 30 anni e più. Se ne mangiano i talli in primavera. Gli asparagi costituiscono una verdura saporitissima, di facile digestione, gradevole, ma poco nutritiva. Servono a moltissimi usi in cucina. Si fanno cocere senz'acqua in tegame di terra o tortiera, chiusi a foco lento ove cocendo col proprio vapore, sono più saporiti, devono essere poco cotti altrimenti perdono del loro sapore. Si condiscono con burro od olio. Si mangiano in insalata con olio, pepe e limone. Si friggono col pesce infarinati, s'accompagnano alle ova, al riso, agli stufati, nei ragouts e nei potaggi(1). Per spedizione o conservazione, incartarli uno ad uno, durano persino 15 giorni. La parte bianca del tallo non mangiabile può servire a fabbricare carta grossolana. Anche presso gli antichi l'asparago fu sempre tenuto in grande onore. Ne parlano tutti gli scrittori da Galeno a Catone, da Columella a Plinio. In Italia erano rinomatissimi quelli di Ravenna, onde Marziale :
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Pianta oleacera nota e gradita. Vuole esposizione di mezzodì. È spontanea nei terreni sabbiosi d'Europa. Tre varietà principali — il bianco precoce e
La Borragine da Borra per la ruvida pelosità di tutta la pianta. È una pianticella graziosa, indigena, annuale che dall'Aprile a Settembre dà fiori di un bell'azzurro. Nel linguaggio dei fiori: Burbanza, Energia. Ve ne à 16 varietà. Le foglie si mangiano in minestra, nelle zuppe, maritate coll'ovo. I ramoscelli più teneri impastati e fritti, regalati di zuccaro sono un ornamento presto, comodo e gustoso per l'arrosto sì di grasso che di magro, i fiori in frittata e coll'insalata. Secondo Raspail possono dare anche una bevanda sana quanto il the. « Se il ricco, dice esso, conoscesse la saporosa fragranza di quest'erba, io credo, che per il gusto, egli preferirebbe questa infusione delle foglie di borragine, unite a qualche foglia d'arancio, al the, che costosamente si fa venire dalla China. »
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La Borragine da Borra per la ruvida pelosità di tutta la pianta. È una pianticella graziosa, indigena, annuale che dall'Aprile a Settembre dà fiori
In Inghilterra se ne fa una specie di conserva rinfrescante. I fiori della borragine, si possono adoperare per tingere l'aceto in turchino. In Francia è usata nelle malattie flogistiche, nella nefrite, ecc. Se ne fa succo, decotto ed infuso, duello dei fiori è alquanto aromatico. Colà pure, dalla fermentazione del sugo se ne ottiene un liquido vinoso, di sapore gradevole, di colore bruno chiaro.
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In Inghilterra se ne fa una specie di conserva rinfrescante. I fiori della borragine, si possono adoperare per tingere l'aceto in turchino. In
Il Broccolo è della famiglia numerosa dei cavoli. Si seminano da Aprile fino a Giugno in luna vecchia. Vuole terreno lavorato e concimato, si trapianta ingrassato nuovamente in Settembre ed Ottobre. Bisogna guardarlo dal gelo. È cibo molto saporito, ma per taluni molto indigesto. Si mangia cotto in insalata o al burro, oppure con salsa au gratin con cacio parmigiano. E companatico del tempo quaresimale. Varietà, il Cavol-fiore (botrytis) e il Cavol-rapa (gongyloides). Del broccolo e del cavol-fiore se ne mangia il fiore ancora immaturo, e del cavol-rapa se ne mangia la radice. I migliori vengono in Romagna, Sicilia e Malta, da noi celebri quelli di Tremezzina sul Iago di Como. Dei broccoli in particolare la storia non ci tramanda nulla, e tutti li confondono coi cavoli. Ecco due maniere di mangiare i broccoli o cavoli-fiori. 1.° In salsa bianca. Fate cuocere i broccoli nell'acqua salata con un pizzico di farina, e lasciateli poi sgocciolare; disponeteli ancor caldi su d'un piatto e versatevi sopra la salsa seguente : — Fate fondere in una casseruola tanto come un uovo di burro con sale e pepe aggiungendovi un cucchiaio di farina, e poco per volta, rimestando sempre, un bicchiere d'acqua bollente. Cotta la farina, ritirate la salsa dal fuoco e legatela con un tuorlo d'uovo sbattuto prima con un filo di aceto oppure con una noce di burro senza più rimettere la salsa al fuoco. — 2.° In insalata. Bolliti nell'acqua salata e sgocciolati i broccoli e asciugati con una salvietta, disponeteli in un'insalattiera. Preparata a parte la salsa di olio, aceto, capperi, due o tre acciughe e prezzemolo triti, versatela sui broccoli. — Da noi corre questo detto :
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vengono in Romagna, Sicilia e Malta, da noi celebri quelli di Tremezzina sul Iago di Como. Dei broccoli in particolare la storia non ci tramanda nulla, e
Salsa di capperi cruda. La si fà con olio fino, capperi e sugo di limone — cotta stemperate dell'inchioda in olio e burro a fuoco indi ponetevi capperi, erborine trite ed aceto.
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Salsa di capperi cruda. La si fà con olio fino, capperi e sugo di limone — cotta stemperate dell'inchioda in olio e burro a fuoco indi ponetevi
Il Carciofo della famiglia dei cardoni è un caule di 5 o 6 piedi indigeno. Vuole esposizione meridionale, essere difeso dai freddi, terreno lavorato, asciutto, ricco. Ama molt' acqua, il gelo l'uccide. Si propaga per semi, getti, o meglio per polloni dei vecchi carciofi, in Marzo ed Aprile ed anche in Maggio, in luna vecchia. È una verdura delle più delicate, sana, saporita e ghiotta. Quello che si mangia è il fiore immaturo, che è fatto a scaglie ed à la figura d'una pigna. Sono rinomati quelli di Genova e come migliori quelli di Sardegna. Si mangiano tenerelli crudi coll'olio d'olivo sale e pepe - e cotti all'olio ed al burro. Si digeriscono meglio cotti che crudi, sono più saporiti al burro che all'olio. Dai ricettacoli del carciofo cavasi amido. Dumas nel suo Dizionario di Cucina insegna sedici maniere di cucinare i carciofi. Galeno li calunniava come cibo bilioso: pravi succi est edulium, e Brillant-Savarin, come afrodisiaco. Il sugo del carciofo, fù tenuto da Guitteau e Copermann come succedaneo all'aloe e drastico ad alta dose. Fu usato contro i reumatismi, le sciatiche, l'itterizia e come diuretico nelle idropi. Charrier, Otterbourg, Homolle ed altri lo consigliano nella cura della diarea cronica, e suggeriscono di mangiarne crudi con olio, sale e pepe quattro o sei al giorno. Giova la decozione del carciofo a coloro che patiscono fetore sotto le ascelle, lavandosi con esso. Le foglie del carciofo fresco allontanano le cimici. Varrone insegna che a macerare la semente in sugo di rose, gigli, alloro si à carciofi del sapore di questi. Un cronista napoletano ci tramanda che celebre per cucinare i carciofi fu Cleope da Varafro. Vogliono che il nome di CINARA fosse quello di una bellissima ragazza che Giove quand'era lui al potere mutò in articiocco e cardone, nome che ancor rimase a questi.
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Il Carciofo della famiglia dei cardoni è un caule di 5 o 6 piedi indigeno. Vuole esposizione meridionale, essere difeso dai freddi, terreno lavorato
Carote alla Panna. — Prendete sei carote grosse, raschiate, lavate e tagliate in fette sottilissime, lasciatele cocere lentamente in una casseruola con burro, poco zuccaro e una presa di sale e pepe rimestandole continuamente. In altra casseruola unite un'oncia di burro, un'altra di farina bianca, due bicchieri di panna, o latte e sale a sufficienza. Bollita che sia la panna per dieci minuti, versatela sulle carote e fate scaldare senza nuova bollitura.
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con burro, poco zuccaro e una presa di sale e pepe rimestandole continuamente. In altra casseruola unite un'oncia di burro, un'altra di farina bianca
Bodino di Carote. — Cocete, in acqua salata, la quantità voluta di carote e passatele allo staccio. Mettete a soffriggere in una casseruola un pezzetto di burro e gettatevi dentro la purèe di carote. Dopo cinque minuti di cottura aggiungetevi un bicchiere di vin bianco, due cucchiai di zuccaro, due amaretti e un mostaccino pesti, la raschiatura di un limone, due mandorle amare peste e tre tuorli d'ova, mescolate bene e lasciate che il tutto prenda consistenza ad un legger grado di calore. Freddata la massa unitevi quattro chiara in fiocca e versatela in uno stampo unto, facendola cocere a bagnomaria per mezz'ora con sopra un testo arroventato.
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Bodino di Carote. — Cocete, in acqua salata, la quantità voluta di carote e passatele allo staccio. Mettete a soffriggere in una casseruola un
Sauer-Kraut. — Tagliate a liste sottili le verze o gambusi, poneteli in un vaso salandole bene per ogni strato e si comprimano con grosso peso lasciandole così per 24 ore almeno, indi levate e spremute bene, si mettono a cuocere in casseruola con buon sugo o brodo, e dopo mezz'ora di cottura, vi si aggiunga un po' d'aceto con qualche grano di ginepro e si termini lentamente la cottura che deve essere non meno di quattr'ore.
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lasciandole così per 24 ore almeno, indi levate e spremute bene, si mettono a cuocere in casseruola con buon sugo o brodo, e dopo mezz'ora di cottura, vi si
Questa pianta aromatica gode fama medicinale. Facilita le funzioni digerenti, è antitisica e antierpetica. Secondo Biett giova nelle malattie di fegato, e secondo Deval in quella degli occhi. Plinio ci assicura che i semi del cerfoglio erano molto in uso ad Atene — ed il Commediografo Aristofane, fece ridere tutta la platea ed il lobbione, accusando la madre di Euripide, che a quanto pare era un'ortolana, di scamottare altre erbe col cerfoglio. Dovrebbe essere odiato dai professori perchè è una delle ghiottonerie degli asini.
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Questa pianta aromatica gode fama medicinale. Facilita le funzioni digerenti, è antitisica e antierpetica. Secondo Biett giova nelle malattie di
Tale il precetto salernitano, sentito il parere di Dioscoride, Galeno e Tralliano. Ma s'avvertano i divoratori di cipolle che mangiandone in quantità, fanno doler la testa, mettono sete, li fanno diventar rossi come i peperoni, promovono loro la saliva e più di tutto fanno perdere il nominepatris: rationum ledunt. Galeno le proibiva ai letterati. Di tutto questo però, la scienza moderna che è scettica, crede un bel nulla. Si limita a dire che la cipolla è un efficace diuretico e che applicata fresca alla cute è un energico rubefaciente. Gli ortolani di Napoli adoperano un'infusione di cipolle a cacciare il bruco dai cavoli. La sapienza popolare ad indicare coloro che come disse il Manzoni sono semplici come i serpenti, dice:
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Tale il precetto salernitano, sentito il parere di Dioscoride, Galeno e Tralliano. Ma s'avvertano i divoratori di cipolle che mangiandone in quantità
Cornetti allo zabajone acido. — Cotti in aqua salata i cornetti, già rimondati, lasciateli sgocciolare in un crivello e poi disponeteli sopra un piatto. Tirate intanto a densità in una casseruola a fuoco, due tuorli d'ova, con due cucchiaj di zuccaro, due gusci d'aceto e due di aqua, avvertendo che non si elevi il bollore. Versate questa specie di zabaione sui cornetti e serviteli ancor caldi. (Vedi avvertenza in Cece).
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piatto. Tirate intanto a densità in una casseruola a fuoco, due tuorli d'ova, con due cucchiaj di zuccaro, due gusci d'aceto e due di aqua, avvertendo che
Zuppa di fave. — Fate levare il bollore a tre litri di sugo d'olio, gettatevi dentro mezzo litro di fave, lasciatele bollire a lento fuoco. A metà cottura conditeli come segue. Mettete a friggere qualche cucchiaio d'olio con qualche foglia di salvia trita, poco prezzemolo trito, due acciughe stemperate — preso che abbia il color d'oro versate questo condimento nelle fave che bollono e ultimatene la cottura per zuppa. (Vedi avvertenza in Cece).
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Zuppa di fave. — Fate levare il bollore a tre litri di sugo d'olio, gettatevi dentro mezzo litro di fave, lasciatele bollire a lento fuoco. A metà
Polenta in Frittura. — Preparate una polenta di farina gialla fatta nel latte con sale. Fredda che sia dividetela con un filo in fette della grossezza di un dito, e, coll'orlo di un bicchiere, fatene tante rotelle, che bagnate nell'uovo sbattuto e avvolte nel pane gratucciato friggerete nel burro. Si può aggiungere alla polenta, se piace, canella, zuccaro, formaggio e burro. Per avere i frittelli alla lodigiana basta frapporre fra una rotella e l'altra di polenta una fetta sottile di formaggio detto battelmatt, giovane, avvolgere tre rotelle unite nell'uova e pane come sopra, e farle friggere.
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Polenta in Frittura. — Preparate una polenta di farina gialla fatta nel latte con sale. Fredda che sia dividetela con un filo in fette della
Il Frumentone, od anche Melicotto è annuale, originario dall'America, introdotto in Italia verso il 1560. Il grano del Frumentone macinato dà una farina gialla. Nel linguaggio dei fiori significa Abbondanza. Se ne fa pane e polenta che forma la base del nutrimento dei nostri contadini e di quelli di Spagna e di alcune provincie di Francia. Mescolata la farina del melicotto a quella di frumento dà il pane così detto di mistura, che è sano e saporito. Gli Indiani ne mangiano i granelli ancor verdi, e ne traggono un liquore, somigliante alla birra, che li ubbriaca. Il grano bollito nell'acqua è cibo dei negri dell'America che lavorano le miniere. Le pannocchie, quando sono ancor verdi e tenere si spaccano in due e si fanno friggere con pastina alla maniera dei carciofi primaticci, si pongono in composta come i citrioli. Questa farina entra in molte pasticcerie e vivande. La polenta si prepara in mille modi. È il secondo nido degli uccelli; il loro cataletto. Il frumentone nutrisce la polleria domestica. In Brianza le barbe recenti delle pannocchie, in decotto è rimedio diuretico volgare. Dal gambo se ne cava zuccaro.
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farina gialla. Nel linguaggio dei fiori significa Abbondanza. Se ne fa pane e polenta che forma la base del nutrimento dei nostri contadini e di quelli
Polenta dolce. — Mettete a bollire in un litro e mezzo di latte con sale, tanta farina da farne una polenta non troppo dura. Giunta la polenta a mezza cottura ritiratela dal fuoco, aggiungetevi sei tuorli d'uova sbattuti prima con una presa di canella tre o quattro cucchiai di zuccaro, due ettogrammi di burro, una dozzina d' amaretti spolverizzati. Fatto un impasto omogeneo, cuocetelo in uno stampo unto, con fuoco sotto e sopra, fino a che la superficie prenda un bel colore dorato.
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Polenta dolce. — Mettete a bollire in un litro e mezzo di latte con sale, tanta farina da farne una polenta non troppo dura. Giunta la polenta a
Pianticella annuale originaria della Mesopotamia che dà il noto legume coltivato molto in Francia e nel Vallese. Vuol terreno sciolto, asciutto, non molto grasso. Si semina in primavera e si colgono i frutti appena maturi perchè non cadano. Due varietà principali: la gialla e la rossiccia, questa più saporita. Si conservano per l'inverno in luogo asciutto e prima di usarne, si lasciano macerare in acqua onde si gonfino e diventino tenere. Se ne fa farina ed è molto leggera e buona pei malati. Le lenti si mangiano in minestra, come i fagioli, si mettono cotte negli umidi, accompagnano i salami cotti principalmente quello di fegato, la mortadella. Se ne fa purèe e flan di sapore delizioso. Al tempo antico dovevano essere molto più saporite d'adesso. Esaù le rese celebri cedendo per un piatto di esse la sua primo- genitura. Sono di un uso molto antico e generale. Ovidio dà la palma a quelle di Pelusio in Egitto. Ateneo da il menu d'una cena con queste parole: « mangiammo un piatto di lenti, poi ne venne un altro, poi ce ne servirono di nuovo ben condite in aceto. » Allora si servivano le lenti come oggi si fà della patata in Svizzera. Difilo comico, fà dire ad un suo personaggio: « la tavola era pulitamente disposta, noi avevamo ciascuno un piatto ben colmo di lenti. » Zenone, il fondatore della setta stoica, dice, essere uno dei caratteri del saggio quello di saper condir bene le lenti. Ecco il suo dogma - Sapientem omnia recte agere et lentem diligenter condire. La famiglia dei Lentuli doveva il suo nome a degli antenati venditori di lenti. Marziale ne parla in Xeniis:
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più saporita. Si conservano per l'inverno in luogo asciutto e prima di usarne, si lasciano macerare in acqua onde si gonfino e diventino tenere. Se ne
Pelusio era città dell'alto Egitto fondata da Peleo, padre del grande Achille. E a questo proposito S. Gerolamo nel lib. 9° in Ezechia, dice che si chiamava lente Pelusiaca perchè Pelusio era come il grande mercato della Tebaide e dell'Egitto, da dove pel Nilo discendevano le lenti fino ad Alessandria. Era proverbio: Ante lentem augere ollam - cioè preparare un'olla più grande che la quantità delle lenti, donde ne venne il nostro: pussee grand l'œucc ch'el bœucc. E l'altro che si legge in Aristofane: Dives factus, jam desiit gaudere lente - il che equivale al nostro parvenu che si scorda di essere stato quello che era. Borc pretende che gli antichi prima di cocerle lasciassero loro subire un principio di germinazione, onde svilupparne meglio il principio zuccherino come si fà oggi coll'orzo tallito. La lente ebbe dei detrattori. Ippocrate e Galeno ne dissero assai male, nient'altro che è autrice delle più grandi malattie e tra le altre del cancro, del sciro, della lebbra e della cataratta. Precisamente come dopo tanto tempo Martin Lauzer assicura che la lente guarisce da 26 malattie, tra le quali la gotta, la cefalogia, l'afrodismo ed il vaiuolo. Al principio del 600 in Lombardia, teste Francesco Gallina medico torinese, correva il proverbio: Chi mangia lenticchie caga una secchia. Stile del 600. E però la lente è un legume saporito, nutriente e che si digerisce meglio passata allo staccio e spoglia di buccia. Roques dopo aver date molte ricette a cucinar le lenti, finisce eoll'assicurare il prossimo che egli preferisce « une purèe de lèntilles, on repose mollement un morceau de pètit lard salè et tendre ». Ma alla lente era preparata una gloria assai maggiore di quella di servire di soffà ad un anitra o ad una salsiccia. L'inglese Warton inventò la famosa Ervalenta (dal suo nome ervum lens) e la fè passare come un prodotto di pianta forastiera ed il pubblico credenzone correva a pagare 10 lire al chilogrammo la farina di lenti che valeva 20 centesimi. Poi dai Du-Barry disputatisi coi Warton nel 1854 il privilegio di gabbare il mondo, ne venne la Revalenta o Revalescère, la famosa Revalenta arabica, che guarisce da tutti i mali. Sottoposta dal Consiglio di Sanità di Londra e dall'illustre Payen di Parigi a conscenziosa analisi risultò composta per la massima parte di farina di lenti scorticate, coll'aggiunta in varie proporzioni di quella di piselli, di melica, sorgo, avena, orzo e una centesima parte di sale di cucina. Pure il Du-Barry continua l'allegro commercio colle più belle trovate di ciarlataneria.
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'œucc ch'el bœucc. E l'altro che si legge in Aristofane: Dives factus, jam desiit gaudere lente - il che equivale al nostro parvenu che si scorda di
Zuppa di lenti. - Mettete dell'acqua a bollire, e al primo bollore, gettatevi un quarto di litro di lenti secche ben mondate, levate quelle che si portano a galla e lasciate cuocere le altre, fino a che si schiaccino sotto la dita, indi mettetele a sgocciolare in un crivello. Preparate intanto in una casseruola dell'olio fino con prezzemolo e foglie di salvia e qualche acciuga tutto tritato alla mezzaluna. Preso il color d'oro unitevi le lenti, rimestatele, bagnatele con sugo d'olio e lasciatele cuocere al fuoco lento, scuotendole di tanto in tanto, Dopo pochi minuti versate brodo e lenti su delle fette secche di pane tostato alla gratella. Così si fà Pure coi fagioli secchi, avvertendo che questi devono essere messi nell'acqua tepida a macerare la sera prima. (Vedi avvertenza in Cece).
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Zuppa di lenti. - Mettete dell'acqua a bollire, e al primo bollore, gettatevi un quarto di litro di lenti secche ben mondate, levate quelle che si
Il lino è una pianticella annua indigena venuta a noi dall'Egitto. Ve ne sono 19 varietà. Un etimologo tedesco vuole che il suo nome venga dal Celtico lein, un uccello che si pasce dei semi del lino, che dev'essere il passero. Col quale sistema di etimologia si può spiegare benissimo anche che la parola osso viene da cane, essendo i cani che mangiano le ossa. Pare invece che venga da lis linon e linteum, dall'uso più comune che si fà della pianta, o dal latino linire, ungere fregare, il che indurrebbe a credere l'uso antichissimo dell'olio di lino. Il seme del lino dà un olio, da noi chiamato di linosa, che non piace a tutti, che non à i pregi di quello di oliva (che à dato il nome all'olio, perchè olio viene da oliva, olea), ma che però, quando è fresco, e molto fresco, e fatto a freddo, è saporito e assai gustoso nella maggior parte delle insalate. Specialmente nell'alta Lombardia è molto usato ed è assai sano. Dal seme del lino se ne cava farina, ma per quanto si sia tentato anche dagli antichi di farne pane o di servirsene per nutrimento, fu sempre rifiutata, ingenerandone l'uso malattie ed anche la morte. Di essa se ne serve felicemente la medicina per cataplasmi, emollienti, ecc. Il lino si coltiva in grande nel Belgio, nell'Olanda, nella Germania, in Irlanda sulle rive del Baltico e nei dipartimenti francesi del Nord. Celebre quello di Riga in Russia, pregiato quello dell'Egitto e del Canadà. Da noi si coltiva nelle provincie di Pavia, Lodi, Crema, Piacenza e nella Lomellina. Il lino ci accarezza il corpo di giorno e di notte, ci serve democraticamente in cucina e fa brillare nella sua candidezza i calici aristocratici dello Champagne e del Johannisberg.
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Celtico lein, un uccello che si pasce dei semi del lino, che dev'essere il passero. Col quale sistema di etimologia si può spiegare benissimo anche che la
Per analogia di nome ne viene alla penna il Lupino, il quale è uno dei più scadenti legumi che si abbiano. (Lupinus albus, Lupinas vulgaris). Fr. Lupin. - Ted. Wolsbohe, - Ingl. Lupine. Se ne contano 63 varietà. Serve meglio a concimare il terreno e ciò si usava fino ai tempi di Catone. I semi sono amari, ma lungamente macerati lasciano l'amarezza, sono farinosi ed insipidi. Nella Roma antica si vendeva sulle piazze, come da noi i fagioli e serviva di cibo agli schiavi ed ai poveri. Il Sangiorgio attesta che fino alla metà del secolo scorso si vendeva anche in Milano. Il lupino come sostanza alimentare è oramai quasi dimenticato. Le pie cronache narrano che il lupino era l'esclusivo cibo penitenziale di quaresima di S. Carlo Borromeo. Dà farina per toilette. Tanto il luppolo come il lupino possono somministrare materia alla fabbricazione della carta.
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Per analogia di nome ne viene alla penna il Lupino, il quale è uno dei più scadenti legumi che si abbiano. (Lupinus albus, Lupinas vulgaris). Fr
Gli antichi la mettevano nel latte a impedirne la coagulazione, giova nel vomito e nel singhiozzo è contro l'itterizia. Si mescolano le foglie colla lattuga e le altre insalate. Ne fanno: l'acqua di menta peperita, l'alcoolato di menta, l'olio essenziale di menta, le pastiglie, i diavolotti, dei quali i più pregiati ed energici sono gli inglesi. A conservarne le foglie si colgono prima della fioritura. Ecco l'origine della menta. Proserpina aveva una damigella d'onore che si chiamava Menta, ed era figlia di Cocito. Un dopo pranzo, la colse a fare gli occhietti a Plutone suo legittimo consorte e presa da giusto risentimento la tramutò in questa pianticella che à conservato il suo nome. D'allora in poi s'ebbe la menta.
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lattuga e le altre insalate. Ne fanno: l'acqua di menta peperita, l'alcoolato di menta, l'olio essenziale di menta, le pastiglie, i diavolotti, dei
Patate al lardo. Fate friggere dei piccoli pezzi di lardo. Quando ànno preso colore aggiungetevi un mezzo cucchiajo di farina che si farà tostare sotto continuo rimescolamento. Condite con pepe, poco sale, una pianticella di prezzemolo, una mezza foglia di lauro e bagnate il tutto con acqua e brodo. Dopo cinque minuti di bollitura gettatevi dentro i pomi di terra crudi e tagliati a fette. Cotti che siano togliete la pianticella di prezzemolo e la foglia di lauro, sgrassate e servite.
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Patate al lardo. Fate friggere dei piccoli pezzi di lardo. Quando ànno preso colore aggiungetevi un mezzo cucchiajo di farina che si farà tostare
Patate alla panna. Cotto e pelato e tagliato a fette intere un chilo di patate, fate fondere in una casseruola un etto di burro con un cucchiajo di farina bianca e dopo pochi minuti aggiungetevi due bicchieri di panna con sale, pepe, poca noce moscata e prezzemolo trito. Quando la panna sarà presso a dare i primi bollori gettatevi dentro le patate e lasciatele cocere facendole saltare di tanto in tanto. È squisito.
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Patate alla panna. Cotto e pelato e tagliato a fette intere un chilo di patate, fate fondere in una casseruola un etto di burro con un cucchiajo di
Brodo di farina di patata. Stemperate in poco brodo un gran cucchiajo di fecola e versatela così stemperata nel resto del brodo già bollente, rimestando bene finché non sia né troppo denso né troppo liquido.
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Brodo di farina di patata. Stemperate in poco brodo un gran cucchiajo di fecola e versatela così stemperata nel resto del brodo già bollente
Frittura di patate. Cotti e pelati sei od otto pomi di terra, pestateli nel mortajo con due cucchiaj di prezzemolo trito, sale e canella in polvere. Quando la pasta comincia ad essere ben legata e lucente, dividetela in tante frittelle e fatele friggere nel burro, voltandole finchè abbiano preso un colore dorato scuro.
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Frittura di patate. Cotti e pelati sei od otto pomi di terra, pestateli nel mortajo con due cucchiaj di prezzemolo trito, sale e canella in polvere
Tortelli di patata. Stemperate in un bicchiere di latte un ettogrammo circa di fecola di patata con mezzo ettogrammo di fior di farina di frumento, una presa di sale e un pezzetto di burro. Incorporate bene a fuoco la massa, lasciatela freddare e unitevi uno ad uno cinque tuorli d' uovo. Gettatevi questa pasta a piccole cucchiajate nell'olio o nello strutto.
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Tortelli di patata. Stemperate in un bicchiere di latte un ettogrammo circa di fecola di patata con mezzo ettogrammo di fior di farina di frumento
Pianticella annua indigena originaria delle Antille, del Brasile e Messico. Si semina in primavera a tutto Maggio, ama gran sole e terreno ricco, fiorisce in estate. Nel linguaggio dei fiori : rabbia. È detto peperone quasi pepe grande. Ve ne sono 10 varietà, tra queste: il comune, lo storto, a ciliegia, dolce del Brasile, tondo, di Spagna, di Voghera detto capsicum grossum, carnoso corto ed altre. Quello di Cajenne è piccolo e più forte di tutti. Tutta la pianta à sapore acre, piccante, calido, ma principalmente i frutti, e del frutto i semi sono più piccanti ed acri del pericarpio. I frutti verdi ed immaturi si conservano per uso di tavola nell'aceto, che ne mitiga l'acredine. Rossi, maturi, essicati e ridotti in polvere, costituiscono ciò che si chiama pimento, o pepe di Cajenne, che à pur esso i suoi usi culinari come la più piccante delle droghe indigene. Altri lo vogliono originario dell'Africa intertropicale, donde fu portato dai negri in America e poi in Europa. I primi che l'introdussero furono i Portoghesi che lo chiamavano pimenta del rabo cioè pepe colla coda. Ma visto che il peperone faceva concorrenza al pepe e temendo di danneggiare il commercio del vero pepe, il re di Portogallo ne proibì l'importazione. Tale peripezia del peperone ce la racconta Carlo Clusio in certe sue annotazioni dell'anno 1582. Comunque sia è certo che a noi pervenne dall'America e che prima era sconosciuto. Si chiama capsicum dal vocabolo greco che significa mordere, per indicare il suo sapore caustico. Il pimento, è uno degli slimolanti più attivi del ventricolo, risveglia l'appetito, corregge il languore e l'atonia intestinale, sopprime le flattuosità ed è rimedio infallibile contro le coliche prodotte da carne di pesce. Caccia le ascaridi, giova contro le emorroidi, secondo l'Accademia di Parigi. Eccellente il pimento per condire verdure, pesci e in certe salse. Il capsicum grossum di Voghera si mangia verde all'olio, e scottato nell'aqua bollente e diviso in quattro parti, toltine i semi si possono imboraggiare e farli fritti. I milanesi dicono anche peveron un naso rosso, grosso e bernoccoluto.
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ciliegia, dolce del Brasile, tondo, di Spagna, di Voghera detto capsicum grossum, carnoso corto ed altre. Quello di Cajenne è piccolo e più forte di
Piselli allo zuccaro. Fate cuocere a fuoco ardente per un quarto d'ora tre ettogrammi di piselli con mezzo etto di burro, un bicchiere d'aqua e 27 grammi zuccaro ed una presa di sale. Divenuti teneri ritirateli dal fuoco e unitevi quattro tuorli di uova bene sbattuti, con un mezzo bicchiere di panna. Rimetteteli tosto al fuoco e, senza più lasciarli bollire, smoveteli continuamente finché si vedano ben legati. (Vedi avvertenza in Cece).
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Piselli allo zuccaro. Fate cuocere a fuoco ardente per un quarto d'ora tre ettogrammi di piselli con mezzo etto di burro, un bicchiere d'aqua e 27
Conservazione dei pomidoro. — Sceglieteli abbastanza maturi e non ammaccati, metteteli in un'olla e versatevi sopra dell'aqua salata nella proporzione di 80 grammi di sale per ogni boccale d'aqua. Coprite il vaso con un pannolino fitto e serbatelo in sito fresco.
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proporzione di 80 grammi di sale per ogni boccale d'aqua. Coprite il vaso con un pannolino fitto e serbatelo in sito fresco.
Salsa pomidoro per pasta, piatti in umido e frittate. — Fate friggere in una casseruola un sedano, una carota a fette, del prezzemolo, una foglia di lauro, con 60 grammi di burro. Aggiungetevi quindi 9 ettogrammi pomidoro fatti in pezzi, condite con sale e pepe. Lasciate bollire finché la salsa sia densa, poi passatela allo staccio e allungatela con brodo.
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Salsa pomidoro per pasta, piatti in umido e frittate. — Fate friggere in una casseruola un sedano, una carota a fette, del prezzemolo, una foglia di
Radice erbacea indigena. Si semina in Febbrajo e Marzo, si trapianta in Luglio e Agosto. Ama terreno grasso e lavorato, bona esposizione e molta aqua, non teme il freddo. È della famiglia dell'aglio e delle cipolle, delle quali divide la patria e la maniera di coltivazione. La parte edule è la bianca. Il porro serve per condimento alle minestre, si fa accomodato con burro e formaggio, è buonissimo piatto di verdura. Erano celebri quelli di Ariccia, dei quali Marziale, lib. 13:
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, non teme il freddo. È della famiglia dell'aglio e delle cipolle, delle quali divide la patria e la maniera di coltivazione. La parte edule è la
Il suo nome dal greco Selidon, o, secondo altri, da Petrosselene, pietra di luna, avendo i semi la forma d'una luna nascente. Vuolsi originario della Sardegna, dove cresce naturalmente, ma oggi è comune a tutti i paesi. Il prezzemolo non teme nè il caldo nè il freddo, non è niente delicato riguardo al terreno, amando però meglio quello leggero, ricco ed umido. Si semina a primavera e se ne à tutto l'anno. Avvi la varietà riccia, o prezzemolo crespo, le cui foglie sono frastagliate; la varietà grossa, o prezzemolo sedanino di Napoli, le cui radici voluminose sono buone a mangiarsi fritte ed accomodate. L'antico petroselinon è quello detto di Macedonia che alligna fra le pietre e fra le roccie (da cui il nome, quasi apium petrinum), à foglie più ampie ed è più dolce. La semente invece è più aromatica e d'un sapore che si avvicina a quello del cumino. Questo ama i terreni sabbiosi e teme il freddo. Avvi quello di palude e quello di montagna selvatico. Il prezzemolo comune somiglia molto alla cicuta che nasce spontanea negli orti, si riconosce però all'odore, perchè quest'ultima puzza tagliandola, e tramanda un odore disgustoso di sorcio. Tutta la pianta del prezzemolo à odore e sapore aromatico, rende i cibi più sani e più aggradevoli, eccita l'appetito e favorisce la digestione. Entra gradito ospite nelle minestre, nelle zuppe, pietanze, guazzetti e salse. Ercole, dopo aver ucciso il Leone Nemeo, si cinse la tempia con una corona di prezzemolo, da qui la consuetudine d'incoronare i vincitori nei giuochi nemei. I poeti pure s'incoronarono di prezzemolo, onde Virgilio: « Floribus atque apio crine ornatus amaro. » Plinio dice che non solo il prezzemolo è un cordiale per gli uomini, ma lo è anche per i pesci: « Pisces quoque, si ægrotant in piscinis, apio viridi recreantur » il che vuol dire: se ti si ammalassero i pesci nella piscina, mettivi delle erborine verdi che guariranno. Le lepri ed i conigli ne sono avidissimi, anzi il darlo loro fa bene e li fa guarire. Le galline e i papagalli ne soffrono ed anche muoiono. Ma se il prezzemolo è un aroma sano, non se deve abusare, perchè è eccitante, la sua radice è più stimolante delle foglie. Del resto i medici gli assegnano virtù diuretica, dà rimedio nelle malattie d'occhi, è febbrifugo e risolvente, vulnerario e narcotico nelle contusioni, nelle echimosi, negli ingorghi lattei. Le famose pillole galattifughe arcana preparazione della farmacia di Brera, constano principalmente di estratto di prezzemolo. Il seme del prezzemolo triturato in polvere serve di cipria per distruggere i pidocchi. Se si prende una certa quantità di prezzemolo e lo si pone nell'aqua per 48 ore e poi se ne spruzzi il suolo e le lettiere si è certi di essere liberati dalle pulci. Impropriamente da noi si chiamano erborinn quelle piccole macchie che troviamo nello stracchino di Gorgonzola, le quali sono ne più nè meno che muffa. In un'antica Cronica milanese troviamo che « Menina Briancea fu l'inventrice della salsa verde che fassi ottima a Milano nel Monistero Maggiore da quelle sante mani di Donna Anastasia Cotta. »
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Il suo nome dal greco Selidon, o, secondo altri, da Petrosselene, pietra di luna, avendo i semi la forma d'una luna nascente. Vuolsi originario della
Salsa di prezzemolo. — Pestate nel mortajo una buona manciata di prezzemolo con della mollica di pane inzuppata nell'aceto e spremuta. Passate il pastume allo staccio, unitevi quanto basta di zuccaro per addolcirlo, una piccola presa di spezie, e dell'olio per renderlo liquido a modo di salsa. Questa si chiama salsa verde e serve per il manzo, il pollame ed il pesce in bianco.
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Salsa di prezzemolo. — Pestate nel mortajo una buona manciata di prezzemolo con della mollica di pane inzuppata nell'aceto e spremuta. Passate il
Ne parla perfino Seneca nell'Ep. 87. - Olivetum cum rapo suo tranferre. I Greci magnificavano quelle di Corinto, della Francia e della Beozia. Erano notabili per la rotondità quelle di Cleone piccolo villaggio non lungi dalla selva Numea, citato da Ovidio (metam. 6) e per la lunghezza i Romani davano la palma a quelle di Amiterno città della Campania, patria di Sallustio - Indi venivano quelle di Nurzia, antica città della Sabina, patria di Quinto Sertorio, vir rei militaris, delle quali rape parla Virgilio chiamandole frigida Nurtia (En. 7). Infine venivano le Veronesi. Anche il Mattioli, che à visto le famose rape di Norcia e di Anagni dice che pesavano 30 libbre. - Sæpius librarum triginta pondere. - Il Giovio, fino da tre secoli fa nella sua Larii lacus descriptio, parlando di Pigna in Vall'Intelvi, la dice: « Oppidum cum arce, frumenti candoris, et magnitudinis eximii, et rapis nursinis æque similibus ». Marco Catone della famiglia Porcia, detto Censorio, tribuno, console, senatore, ricchissimo, si preparava da sè il piatto di rape e di quella viveva saluberrime. Marco Curio Dentato stava cocendo le rape sotto la cenere, quando rispose ai Sanniti che gli offrivano dei tesori a lasciarli in pace: Non vincerete coll'oro colui che non avete potuto vincere colle armi. La rapa vuolsi rinfreschi. Con essa si fanno decotti anti flogistici e diuretici, e colla sua polpa cataplasmi mollitivi usati in campagna contro i geloni, la si dà ai majali ai quali ingrossa e dilata l'epigastrio. La Sapienza popolare dei Milanesi ad indicare un sempliciotto, dice: Sempi come una rava, vess una rava. E ad un medicastro: Dottor de rava.
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Ne parla perfino Seneca nell'Ep. 87. - Olivetum cum rapo suo tranferre. I Greci magnificavano quelle di Corinto, della Francia e della Beozia. Erano
Farina di riso preparata in casa. — Di rado si trova della buona farina di riso. Ecco in qual modo potete prepararvela. Dopo lavato il riso fatelo bollire in poca acqua ben limpida finchè sia disfatto, lasciatelo sgocciolare, stendetelo sopra un foglio di carta e fatelo seccare al sole. Quando sarà ben secco pestatelo nel mortaio e stacciatelo. Questa farina che è già cotta, basterà gettarla nel brodo che bolle, o nel latte parimente bollente ed addolcirlo con zuccaro, per avere una minestra rinfrescante e nutritiva.
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Farina di riso preparata in casa. — Di rado si trova della buona farina di riso. Ecco in qual modo potete prepararvela. Dopo lavato il riso fatelo
Il suo nome da ros, rugiada e marinus marina, - rugiada di mare, - nascendo spontaneo sulle rive di questo in tutta l'Europa Meridionale. Nel linguaggio dei fiori : La tua presenza mi consola. Lo Rosmarino o Ramerino è un arboscello perenne, indigeno, originario dell'Oriente. Ama essere addossato ad un muro ad esposizione di meriggio e levante, terra leggera, piuttosto sabbiosa. Teme i venti e massime il freddo. Si moltiplica per divisioni di radici, per getti ed anche per via di margote. Varietà: l'augusti folius, l'argenteus, l'auratus e il latifolius. Tutta la pianta à odore forte aromatico e balsamico. Sapore acre, amaretto. Il rosmarino si adopera in cucina a dar sapore agli arrosti, e alle carni che si mettono in infusione. In medicina è stimato come stomachevole, stimolante, emmenagogo. Se ne cava un olio essenziale, che nelle spezierie chiamasi Oleum Anthos. Dai cauli fioriti si compone l'acqua così detta della Regina d'Ungheria contro l'isterismo, ecc. In profumeria entra quale componente di varie acque odorose tra le altre della famosa Acqua di Colonia. Dai Greci veniva chiamato Libantide Coronaria, perchè serviva ad intessere corone. Oltre i soliti scrittori di cose naturali ne fà cenno Virgilio:
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Il suo nome da ros, rugiada e marinus marina, - rugiada di mare, - nascendo spontaneo sulle rive di questo in tutta l'Europa Meridionale. Nel
La segale è pianticella germinacea, annua indigena. È il cereale dei paesi freddi, montuosi. Si semina in Autunno e raccogliesi nell' estate vegnente. Nel linguaggio dei fiori: bisogno. Matura più presto del frumento, vuole terreno sciolto, viene anche negli sterili, negli alpestri, dove non alligna il frumento. La segale è meno nutritiva del frumento e meno atta a far del pane che riesce umidiccio e di difficile digestione. Viene nullameno usata a far pane nel Belgio, nell'Olanda, nella Germania settentrionale e specialmente in Russia dai poveri contadini. Mista però alla farina di frumento rende il pane più bianco e saporito e lo conserva fresco più a lungo. Viene pure mescolata col melgone. Messa nell'acqua la farina di segale, serve per bevanda rinfrescante e nutriente per il bestiame. La farina di segale è pure adoperata in medicina per uso esterno come mollificante e risolutivo. In Russia se ne fabbrica una specie di birra nazionale, chiamata Quass. In Groenlandia questa birra la chiamano Tollwasser (aqua che fà impazzire. La paglia lunga e forte, per la molta silice che contiene, è utilissima a coprire capanne campestri, tettoje, grondaje, ecc. Una specie di malattia che sopraviene al grano della segale, dà una grande importanza a questa, nella medicina, sia come generatrice di morbi, sia come potentissimo sussidio terapeutico ed ostetrico, ed è quella conosciuta sotto il nome di segale cornuta o chiodo segalino, in francese ergót. Il suo nome dal celtico segai che significa falce, d'onde in latino il nome generico segestes alle biade, che si falciano, mentre i legumi e le frutta si colgono. La segale non pare fosse conosciuta dai Greci, nessuno dei loro scrittori ne parla. Dei Latini il solo Plinio ne fà menzione, ma come di grano infimo e di nessun conto.
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alligna il frumento. La segale è meno nutritiva del frumento e meno atta a far del pane che riesce umidiccio e di difficile digestione. Viene nullameno
Salsa di senape. Stendete in un tondo 27 grammi di senape in polvere finissima, con due pizzichi di sal fino — versatevi sopra mezzo bicchiere di bon aceto, stemperate bene il tutto con un cucchiajo di legno, lasciate fermentare per 24 ore, poi raccoglietela in una salsiera da mettere in tavola.
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Salsa di senape. Stendete in un tondo 27 grammi di senape in polvere finissima, con due pizzichi di sal fino — versatevi sopra mezzo bicchiere di bon
La senape è ricordata da Matteo, Marco e Luca nel Nuovo Testamento i quali tutti accennano a quanto disse il Salvatore che di Fede bisogna averne almeno quanto un grano di senape, e basterà questa per fare miracoli.
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La senape è ricordata da Matteo, Marco e Luca nel Nuovo Testamento i quali tutti accennano a quanto disse il Salvatore che di Fede bisogna averne
Il sesamo detto anche giuggiolena è pianticella annuale. Si propaga per semi, vuol terra sciolta e pingue e viene sotto l'azione del gran caldo e dell'umido. Ve ne sono 5 varietà. L'orientale, cresce spontaneamente nei terreni secchi ed aridi dell'India, del Ceylan, del Malabar, e s'accomoda facilmente nei suoli fertili. Fornisce un fusto alto un metro, diritto, erbaceo, quasi cilindrico, assai ramoso, foglie verdi, fiori bianchi o color rosa in Giugno. I semi di esso col calore e colla pressione forniscono il 48% di olio che è così limpido e gustoso da rivaleggiare colle migliori qualità dell'olivo, per le quali viene sovente venduto, essendo 1'olio di sesamo riconoscibile solo per contenere meno sostanza. Inoltre l'olio di sesamo à il merito di non mai irrancidire. Il vantaggio dell'olivo su questa pianta è quello di poter allignare anche in luoghi erti ed asciutti ed in terreni poco profondi. Il sesamo non reggerebbe nei paesi montuosi anche per i venti. Vuolsi originario dell'Asia Minore e precisamente dalla Paflagonia, dove esisteva pure la città di Sesamon chiamata poi Amastris, della quale parla Plinio. In Bologna se ne sono fatte molte esperienze notate nel Giornale d'Italia di scienze naturali. Coi suoi semi in Egitto se ne fà una minestra saporita. In Sicilia lo si metteva nel pane. Oggi ancora si mangiano arrostiti e cotti come quelli del riso e dell'orzo, e macinati forniscono una farina grossolana, ma di cui i pasticcieri si servono assai. Era conosciuto il sesamo in Oriente sino dai tempi più remoti. Da Plinio fu messo il sesamo fra i cereali, da Columella fra i legumi, da Teofrasto fra i grani che non ànno nome. Ateneo nel libro XVI dice che i Greci lo mangiavano torrefatto col miele. Galeno che lo si metteva nel pane, ma che era di sua natura calido. In Egitto i semi del sesamo servono a preparare una pasta biancastra, che si usa per mantenere la freschezza e la bellezza della pelle.
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Giugno. I semi di esso col calore e colla pressione forniscono il 48% di olio che è così limpido e gustoso da rivaleggiare colle migliori qualità
Spinacci alla panna. Cocete una libbra di spinacci, spremeteli fortemente, triturateli colla mezzaluna e passateli allo staccio. Mettete in una casseruola un pezzo di burro, un pizzico di farina, e lasciate friggere un istante, poi gettatevi gli spinacci e conditeli con sale e pepe. Rimestateli bene per cinque minuti e bagnateli quindi con due bicchieri di panna. Consunta la panna, incorporatevi dentro in fretta tanto quanto una noce di burro, e servite questa puree sulle fette di pane fritto con burro. In tal modo si può preparare la puree di piselli, di taccole (gaglioli), e di cornetti (fagioletti in erba).
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Spinacci alla panna. Cocete una libbra di spinacci, spremeteli fortemente, triturateli colla mezzaluna e passateli allo staccio. Mettete in una
Torta di spinacci. (Mil. scarpazza). Alessati, spremuti e ben triturati gli spinacci, struggete a lento fuoco in una casseruola un pezzo di burro con un pizzico di farina, unitevi gli spinacci e rimestateli per cinque minuti. Indi versatevi dentro un pantrito di latte in quantità tale che la torta non resti nè troppo densa nè troppo liquida, e continuate a r i mestarla finché bolla, poi tolta dal fuoco mettetevi qualche mandorla amara pesta, un po' di formaggio grattucciato, canella in polvere, tre uova intere e sbattute, per ogni bicchiere di latte già messo. Bene incorporato il tutto distendetela in una tortiera unta di burro e spolverizzata di pane grattucciato. Cuocete così la torta dopo dì avervi sparsi sopra dei pinocchi, con fuoco sotto e sopra. Così preparate le torte di cardi, coste e carote.
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Torta di spinacci. (Mil. scarpazza). Alessati, spremuti e ben triturati gli spinacci, struggete a lento fuoco in una casseruola un pezzo di burro con
A' tempi di Svetonio, il bulbo dello zafferano durava 8 anni. Nell'Avignonese oggi limitasi a due soli, nella Sicilia a tre, ad Aquila a quattro. Il bulbo è amato dai topi, gli steli dalle lepri. Quantunque originario dei paesi del mezzodì, è coltivato oramai in quasi tutta Europa, perfino in Inghilterra. In Italia tale cultura è antica specialmente in Sicilia e nel Napoletano, e propriamente nella provincia di Aquila, che per aroma e qualità tintoria dà lo zafferano migliore del mondo. Il suo prezzo medio è di L. 150 al chilogrammo. Lo zafferano si usa dai tintori, dai caffettieri, dai pasticcieri, dai profumieri, dai pittori, pizzicagnoli, maniscalchi e cuochi. Per la cucina si dovrebbe provvederlo in fili e non in polvere, onde evitarne la falsificazione. La frode più innocente è quella di esporlo per qualche tempo in luogo umido, affinchè cresca di peso. Lo si falsifica benissimo coi fiori dello Zaffranone, o falso zafferano (carthamus tintorius) che dà un colore scarlatto, con l'Oricella (rocella tinctoria) che dà pure un color porpora, col Sommaco (rhus coriaria) ecc. I vapori che sparge lo zafferano nei luoghi chiusi, ove non si possano con facilità dissipare; sono all'uomo malsani e talvolta micidiali, perchè à virtù eminentemente narcotica, ed in medicina passa come rimedio stimolante analogo all'oppio. La scoperta dello zafferano si perde nella nebbia dei tempi. La mitologia vuole che abbia avuto origine da un giovinetto chiamato Croco che innamoratosi perdutamente di una ninfa, chiamata Smilace, nè piacendo a Barba Giove tale matrimonio, fu da lui cambiato nella pianta dello zafferano, da qui il suo nome di Crocus. Et in parvos versum cum Smilace flores, et Crocon . (Ovidio, 4, Mctam.). Dioscoride lo raccomanda come apposto. Sappi che le zucche più vuote di questo mondo, possono elevarsi alla più alta aristocrazia culinaria. Tu potresti apprestare a'tuoi amici, un abbondante, gustoso e variato pranzo, quasi colla sola zucca, vale a dire che essa formi d'ogni piatto, se non l'unico, almeno il principale coefficiente. Sono note le minestre di zucca d'ogni specie e fresche e secche. La si fa cuocere nel brodo, nell'aqua e burro, ovvero nel latte. Se ne rileva il sapore con erbuccie, ova, spezie e collo zuccaro. La polpa delle zucche ed anche i fiori si mangiano fritte, ripiene, accomodate, triffolate, in fricassèe, in stufato, ed in polpette. Se ne fanno torte, pasticci, e perfino salami. Colle piccole zucchette lessate o cotte alla brage, o colle tenere cime delle piante bollite nell'aqua si fa dell' insalata che si condisce coll'olio degli stessi semi della zucca. Il sugo di essa fermentato può fornire l'aceto. Colla zucca confettata con miele ed aromi, si provvede il dessert di saporite mostarde e confetture, che si rende ancor più vago abbellendole con piccole zucchettine imitanti le pera, le poma, gli aranci. Il pane si forma colla zucca ben cotta, impastata colla terza parte di farina. Finalmente coi semi di zucca, puoi comporre orzate e simili gustose bevande. Che se questo simposio, vuoi prepararlo a'tuoi amici all'aria aperta, lo potrai gentilmente offrire sotto un pergolato coperto colle foglie di una pianta di zucca. Che ne dirò poi delle zucche vuote? Colla scorza di esse puoi farne bottiglie, bicchieri, piatti, cucchiaj, forcine, coltelli, mestole, saliere, lucerne ove arda l'olio del seme suo, recipienti d'aqua, di vino, di liquori, tabacchiere, pipe e quello che vuoi. Le zucche vuote poi servono mirabilmente a sorreggere i mal pratici o novizi nuotatori. A questo proposito, vo' narrarti un aneddoto di Bellavitis e faccio punto. Bellavitis, mio illustre e celebre collega dell'Università di Padova, ora defunto, veniva un giorno supplicato da uno studente, perchè gli fosse propizio nell'esame: « Veda, professore, insisteva lo studente, se io non passo questo benedetto esame, ò l'inferno in casa mia! Sarei costretto a buttarmi in Brenta. » — A l che Bellavitis: « Oh no xe pericolo per hi, perchè el sa che le zucche i galleggia! » Insomma, io non mi perito a chiamare la zucca la più utile delle verdure ed è ingiusto adoperare il suo nome per insultare alle teste umane. Rispelta dunque le zucche e cava loro tanto di cappello, come lo cavi a tante nullità coperte coi galloni di prefetto, di senatore, di generale! Un bacio e vale. »
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A' tempi di Svetonio, il bulbo dello zafferano durava 8 anni. Nell'Avignonese oggi limitasi a due soli, nella Sicilia a tre, ad Aquila a quattro. Il
Frittura di zucche. — Tolta la pelle al collo di Una zucca gialla, detta di Gerusalemme, tagliatene la polpa in pezzi grossi un dito , e fateli cuocere lentamente in latte tanto che basti, con una presa di sale. Quando la zucca avrà attirato quasi tutto il latte asciugatene i pezzi, avvolgeteli nel tuorlo d'ovo sbattuto, poi nel pane grattucciato, lasciateli friggere prestamente nel burro e serviteli spolverizzati di zuccaro. Badate che i pezzi di zucca non si disfino.
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Frittura di zucche. — Tolta la pelle al collo di Una zucca gialla, detta di Gerusalemme, tagliatene la polpa in pezzi grossi un dito , e fateli
Marinatura di zucche. — Togliete la pellicola verde a delle piccole zucche, tagliatele per tutta la lunghezza in fili sottili, salatele ed aspergetele con poca noce moscata. Dopo mezz' ora spremetele in un pannolino sì che l'acqua ne esca tutta e involgetele nella seguente pastina. Sciogliete a fuoco lento Un pezzo di burro, unitevi fior di farina, bagnate la pasta con del latte, mettetevi sale e raschiatura di scorza di limone, poi togliendola dal fuoco incorporatevi tre tuorli d'ova e tre chiara alla fiocca e fate che la pasta riesca liquida anziché no. Involgetevi i fili di zucca, friggeteli con burro o meglio coll'olio bollente e serviteli collo zuccaro.
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Marinatura di zucche. — Togliete la pellicola verde a delle piccole zucche, tagliatele per tutta la lunghezza in fili sottili, salatele ed